Al cancro non importa...
Non importa se sei giovane, vecchia, mamma,
figlia, orfana, sola, in compagnia...
Non gli importa se sei pronta, se sei
emotivamente impreparata, se hai mille altre
cose a cui pensare...
Non gli interessa se già stavi soffrendo, se la tua vita era felice, se stavi combattendo contro altre battaglie.
Lui non fa caso a come potresti prenderla e non aspetta il momento giusto per farti sapere della sua presenza...
Un giorno, mentre giochi su un tappeto colorato con i tuoi bambini, fa capolino con un piccolo dolore, una fitta, come a dire: "hey, ci sono anch'io, non pensare più ai tuoi mocciosi e senti un po' che bella sorpresina c'è per te!"
Puoi far finta di non aver sentito niente, puoi
continuare a giocare con i tuoi bimbi ma sai che prima o poi dovrai cercare di capire quel dolore e quella pallina cosa sono e come saranno capaci di sconvolgere un anno intero della tua vita!!!
In una pubblicità si recita che l'attesa del piacere è essa stessa un piacere...
Provate ad immaginare solo per qualche momento l'attesa di un esame istologico che richiede minimo 15 giorni.
In questo caso l'attesa è un limbo, devi
continuare a vivere come se nulla fosse
cambiato e non ti puoi permettere di avere brutti pensieri perché "non ti puoi fasciare la testa prima di rompertela"....
"Non puoi essere negativa e
pesante"....
Perché "se poi non è quello che pensi
sei stata male inutilmente"
Perché "devi avere fede e speranza e vedrai che andrà tutto bene" .
Queste sono le tipiche frasi che ti sentirai dire
anche se non hai mostrato un minimo dubbio o
un piccolo cenno di paura.
Poi arriva l'esito "negativo" e le frasi si moltiplicano e continuano ad essere sempre più ottimiste e più positive di prima.
Da quel momento in poi tu sparisci e
quella piccola pallina si impossessa di tutta la
tua persona così che gli altri vedano di te solo il
tumore.
Nessuno ti chiede cosa pensi ma tutti a
dirti che da quel momento in poi ci penseranno loro e tu dovrai solo fidarti ed eseguire i loro ordini.
Partono le telefonate per cercare il
chirurgo migliore, la struttura migliore, i consigli su quale oncologo contattare, quello bravo che ha curato mia zia, quello esperto che ha salvato la vita di mia nonna, quello che sta a Milano, a Bologna e poi andrei anche a Roma a chiedere un secondo parere...
Vai all'A.S.L. a chiedere l'esenzione, prepara tutti i documenti, chiama il migliore su piazza per chiedere un appuntamento, prenota il treno, organizza i bambini, costringi i nonni a tenerli per una settimana quando non hai mai trascorso una notte senza di loro...
Tu diventi un tumore vivente e gli altri (soprattutto coloro che più ti amano) si sentono in dovere da trasformarsi in supereroi e pensare a te ma non nel modo in cui
tu desideri o di cui hai bisogno.
L'unica cosa che ti viene meglio fare è sorridere...
Sorridi con i tuoi per non farli preoccupare, con i bambini per non farti vedere triste, con tuo marito per non fargli capire che da quel momento ti senti un peso per lui...
E quando inizi a vedere che il tuo sorriso fa
effetto non smetti più di sorridere fino a
sembrare un ebete che ride anche quando non
c'è motivo.
Gli altri si complimentano con te per
quanto tu sia forte e sono anche più sollevati
all'idea di non doverti assillare con frasi di
circostanza per non farti piangere.
Ci sono alcuni , però, che non accettano che tu sorrida e iniziano a tartassarti affinché tu pianga per sentirsi gli psicologi di turno e spararti la frase ad effetto che ti ha aiutato a risollevarti ma tu ormai sei diventata quella forte e non puoi dar loro questa soddisfazione.
Sorridi anche davanti ai dottori perché vuoi
essere la paziente migliore, quella che non gli dà rogne e,anche se fa diecimila domande tecniche lo fa solo per il gusto di imparare, quasi come se fosse una studentessa interessata all'argomento.
Sorridi quando, dopo una quadrantectomia ti
dicono che il linfonodo sentinella ha una
metastasi, quando ti annunciano che devi fare
chemioterapia e radioterapia, quando ti
avvertono che diventerai calva, nascondendoti
che la calvizia sarà l'ultimo dei tuoi problemi.
Inizi a ridere un po' meno quando il test genetico risulta positivo e ti indicano la possibilità di togliere i seni e metterci al loro posto due belle protesi.
Ridi ancor di meno quando ti consigliano anche un'ovariectomia (che non sai
manco cosa cavolo sia) e puoi dire addio anche a ovaie e tube così stiamo più tranquilli.
Tanto tu l'avevi detto che dopo il secondo figlio non ne avresti voluti più e rassicuri anche la dottoressa dicendole che non ci sono problemi.
Ti viene da piangere, finalmente, quando uscita dalla stanza capisci che sei sola e che nessuno potrà condividere ciò che stai provando in quel momento.
Cerchi di rilassarti permettendoti di crollare un po' ma ormai sei ad un punto in cui
non puoi farlo, hai indossato la tua maschera, sei sul palco e non puoi deludere il tuo pubblico...
Sei a metà spettacolo, ti dicono, e devi andare
avanti anche se la recita ti ha stancato...
Ti sei appena ripresa dal secondo intervento e
devi prepararti alla chemio manco dovessi
andare in guerra.
Discuti con tuo marito riguardo l'organizzazione familiare, decidi di trasferirti dai tuoi con i pargoli per stare più tranquilla, li iscrivi ad un nuovo asilo per facilitare la loro gestione e dici a te stessa di non aver timore perché da donna forte e ragionevole, hai predisposto tutto affinché tu possa gestire le cose in maniera serena e tranquilla.
L'oncologo ti dà dell'esagerata perché in fondo la chemio sarà una passeggiata e non c'è bisogno di mobilitare amici e parenti per questo tipo di cura.
Ma tu stavolta dai retta a te stessa (e menomale) e vai avanti per la tua testa.
Poi arriva un altro piccolo, minuscolo esserino che ti fa capire che tu puoi anche programmare tutto nei minimi dettagli ma
non potrai mai avere tutto sotto controllo!
Il giorno stesso della tua prima infusione di chemio questo esserino fa chiudere le scuole, costringe ognuno a stare nelle proprie case e a non uscire, ti fa vedere il mondo esterno come ad un inferno e tu capisci che la chemio non sarà per niente una passeggiata come aveva previsto il tuo oncologo.
I bambini chiusi in casa h 24, tu che
per i primi 3 giorni dopo le infusioni vomiti anche l'anima, tuo padre che si fissa per trovare la miglior ricetta della pizza su you tube, tuo marito in quarantena che non può venire a stare con i bimbi, tua madre che non vuole accettare il significato del termine "distanziamento sociale" e soprattutto nessun amico o parente (anche di
sesto grado) che possa darti una mano con i tuoi angioletti.
Niente visite, niente uscite, niente
abbracci...
Solo chemio e disperazione!!!
Crei un gruppo su whatsapp per tenere informate le persone più care sulla tua condizione ma ti accorgi presto che questo piccolo esserino è stato capace di grandi cose molto più del tuo piccolo tumore!
Ora sono tutti un po' "malati" ma
dopo aver sentito alla TV che il Corona Virus può colpire soprattutto persone con malattie
pregresse e soprattutto malati oncologici, ha
inizio la psicologia del terrore e tu ti vedi come
un bersaglio al tiro a segno e inizi a pensare che chiunque possa essere un tiratore scelto pronto a sferrare la sua freccia su di te!
I termini che usi più spesso sono: mascherina, guanti, Alcool, disinfettante.
Proibisci a tua madre di vedere le
vicine di casa anche a 10 metri di distanza, a
stento fai uscire i bambini fuori al balcone, sgridi tuo padre quando torna dal
supermercato perché non ha tolto subito le scarpe.
Praticamente diventi una bisbetica asociale che ha il terrore di tutta l'umanità.
La notte non dormi perché ti assale l'ansia riguardo ai tuoi polmoni e più ci pensi e più ti manca l'aria.
Ti accorgi in poco tempo che sei stanca, sola e sfortunata.
Ti rendi conto che è la prima volta in tutta questa storia a considerarti sfortunata e subito ti vergogni per averlo pensato solo per un attimo.
In fondo lo sai che non sei sfortunata:
hai una madre, un padre non solo ancora in vita ma che sono vicini a te e ai bambini nonostante il dolore che provano nel vedere la loro figlia in condizioni pietose...
Hai due bambini splendidi e in salute che
nonostante vedano la loro madre stanca e
sofferente accettano di non uscire a giocare con i loro amichetti e si accontentano di averla solo vicina...
Hai un marito che dopo la quarantena è
corso subito a stare con te e i bambini e ha
lavorato da remoto per poter dare il suo
contributo, che ti ha rasato i capelli quando
iniziavi a perderli e non ne potevi più....
Hai parenti e amici che si sono prodigati per portarti mascherine, torte, cibi di ogni genere, giochi per i tuoi bimbi e che si informano ogni giorno per sapere come stai in un momento ancor più difficile per te.
Comprendi che non sei più tanto
sfortunata ma soprattutto che non sei per niente sola.
Così riprendi a sorridere loro ma questa
volta non perché sei costretta a portare una
maschera ma perché ti senti grata e perché inizia il tuo processo di consapevolezza, un processo lento ma soprattutto incontrollato. Raggiungi la consapevolezza che, se ci sono così tante persone che ti sono accanto in un momento così difficile, forse è perché ti vogliono davvero bene e se ti vogliono bene forse è perché anche tu vuoi bene loro e questo vuol dire che probabilmente hai fatto un buon lavoro in passato, sei stata una brava amica, cugina, nipote, conoscente...
Mi sono resa conto che nel corso degli anni ho
tessuto molti rapporti "buoni" i cui risultati si
sono visti quando ne ho avuto bisogno.
Ti auguri che a loro non accada mai niente di brutto ma ti riprometti che sarai sempre presente quando loro avranno bisogno del tuo aiuto!
Non è ciò che piace leggere a molti, lo immagino, ma quando ricevi una diagnosi di tumore, una delle prime cose a cui pensi è la morte.
Per quanto mi riguarda non ci ho pensato nel senso negativo del termine.
Ho fatto una sorta di bilancio, mi sono detta che a 35 anni ho raggiunto quasi tutti gli obiettivi che mi ero prefissata: ho avuto una bellissima infanzia, sono cresciuta in una famiglia che mi ha trasmesso dei valori e non mi ha fatto mancare mai l'affetto, ho incontrato ottimi amici durante il mio
percorso di vita, mi sono laureata, ho conosciuto il vero amore, ho messo al mondo due bambini in salute e semplicemente stupendi, ho avuto le mie piccole soddisfazioni professionali.
In pratica ho vissuto molto attimi di felicità arrivata fino a qui...
Per cui,se fossi morta a causa del
cancro, almeno potevo considerarmi soddisfatta della mia vita.
Inoltre pensi ai bambini che muoiono di leucemia, ai ragazzi che perdono la
loro vita negli incidenti stradali il sabato sera, alle piccole anime volate in cielo molto prima dei 35 anni.
In pratica è un modo per dire alla morte che
sarebbe potuta arrivare tranquillamente, che
meglio a me che ai miei figli o a mio marito. Non si tratta di depressione o poco attaccamento alla vita ma è solo un modo per mettersi allo specchio e affrontare ancora meglio la realtà che potrebbe essere e io potrò affrontarla finalmente con un sorriso non finto e non forzato anche perché con la morte non puoi certo barare!
Dopo questi pensieri ti rendi conto che ora sei viva ed è giusto rendere onore al presente.
IO E LE ALTRE.
Quando ricevi una diagnosi di tumore al seno e
fortunatamente hai avuto poco a che fare con
questa malattia, avverti subito l'esigenza di
cercare su internet più informazioni possibili
riguardo a ciò che hai e soprattutto pensi sia utile leggere.
Leggi e ascolti le storie di altre donne
che hanno vissuto o che vivono ancora la tua
stessa esperienza. Prima di tutto inizi a
familiarizzare con termini quali tumore in situ,
carcinoma infiltrante, grado di differenziazione,
risposta ormonale, benigno, maligno ecc.
Dopo che sei riuscita a decifrare quale sia il tuo tipo di cancro (perché se proprio lo devo affrontare è meglio conoscerlo bene) cerchi storie simili alla tua e mai che potresti impattare in una finita male...
Tutte, o quasi, ti raccontano di quanto sia
possibile guarire, di quali escamotage emotivi
puoi mettere in atto per sconfiggere il drago, il
mostro, il bastardo e lo fanno tutte col sorriso,
altre addirittura lo considerano come
un'opportunità per cambiare la tua vita, essere
una persona migliore, diventare più forte.
La prima cosa a cui ho pensato leggendo queste storie è che grazie al cancro finalmente io avrei avuto un po' di PIETA' dalle persone che amo.
La mia opportunità era quella di stare al centro della scena in un momento della mia vita in cui mi sentivo non più importante di uno straccio usato.
Il tumore ha provocato in me una delle emozioni più brutte che una persona possa provare: L'egoismo!
Naturalmentenon mi ero resa conto a
cosa stessi andando incontro per questo la mia
prima diagnosi non mi ha per niente spaventata e addirittura quando arrivavano le continue telefonate di dispiacere, commiserazione e di
incoraggiamento da parte di amici e parenti, non solo rispondevo col sorriso ma credevo persino che fosse tutto completamente esagerato, enfatizzato, paradossale.
All'inizio sei quasi felice nel vedere che tante
persone ti sono vicine, che ti contattano ogni
giorno per sapere come stai, che si preoccupano per te e davvero inizi a montarti la testa convincendoti che sarà solo una breve fase della tua vita che passerà presto senza lasciare nessuna traccia sul suo percorso.
Col tempo questa convinzione sparisce e ti accorgi che non sono tracce ad essere lasciate ma solchi molto profondi che ti accompagneranno per il resto
della tua esistenza...
Solo quando sei quasi alla fine della cura ti attacchi il più possibile alle cose positive e cerchi di trasmetterle alle altre donne
che stanno per salire sulla giostra del cancro
perché comprendi che partire da illuso è molto
meglio che farlo da impaurito.
MAMMA HA LA BUA ALLA TETTA
Una frase che ho sempre pronunciato e che
continuo a dire riguardo al mio tumore al seno è che sono stata molto fortunata perché a
differenza di altre donne e (purtroppo) ragazze, il cancro ha deciso di farmi visita subito dopo aver partorito il mio secondo figlio.
Il dono della maternità che tutte noi diamo per scontato non è destinato facilmente a giovani ragazze che dopo operazioni e chemioterapia devono affrontare cure antormonali che ti mettono in menopausa per minimo 5 anni e rischiano di sfidare troppo la biologia femminile.
Non posso e non voglio entrare nel merito della questione sia perché non ne conosco gli effetti emotivi e sia per rispetto nei confronti di tutte queste donne che sono certa meriterebbero di ricevere questo regalo.
Detto questo, quando però sei madre e hai il
cancro diventa un pochino complicato gestire la faccenda semplicemente perché non puoi
pensare di agire considerando esclusivamente la tua persona ma devi organizzare l'intero
"pacchetto".
Ogni volta che arriva un referto e ti
avvisano che c'è in vista un intervento chirurgico o una cura chemioterapica ti chiedi 2 cose:
"come farò con i bambini" e "come glielo spiego
ai bambini"?
Mettici pure che il tuo secondogenito ha appena compiuto 1 anno e il gioco si fa ancora più interessante!
Ricordo con affetto la mia ingenuità quando mio marito, subito dopo la diagnosi di carcinoma infiltrante, mi ha imposto di andare subito all' IEO di Milano e io ho risposto: "tu sei pazzo!!! E a chi li lascio i bambini? Io non ho mai dormito una notte senza di loro" e mi ha fatto talmente arrabbiare il fatto che lui non capisse quanto fossi seria e vedendolo sorridere di ciò che avevo appena detto. Davvero ci ho messo molto tempo per comprendere che ho esagerato nel pensare
che fosse impossibile lasciare i bambini ai miei
genitori per guarire dal cancro.
Io non mi reputo una super mamma ma ho sempre badato da sola ai miei figli e il pensiero di doverli "lasciare" seppur ai loro nonni che li amano almeno quanto me, mi ha fatto impazzire.
Il cancro ha sconvolto la nostra quotidianità, mi ha allontanato da loro, mi ha resa meno indispensabile agli occhi dei miei bambini e mi ha fatto venire dei sensi di colpa che sono certa non passeranno mai più!
Molti diranno che è assurdo sentirsi in colpa per essersi beccata un tumore...
"Non è colpa tua"
"meglio una mamma lontana adesso che morta
per sempre"
"da grandi dimenticheranno tutto"
queste altre tipiche frasi che mi sono sentita dire e che ho dovuto ingoiare a forza.
Parlare è facile,ma provate voi ad entrare in una sala operatoria a 800 km di distanza dai vostri figli e non poterli vedere per un mese intero al ritorno.
Sono certa al mille per mille che tutte le mamme che hanno affrontato queste situazioni nella loro mente hanno mandato a fanculo tutti coloro che hanno pronunciato queste frasi.
Non è per niente bello trascorrere notti insonni per impostare il discorso che faccia capire a tua figlia di 5 anni che cos'è un tumore e ti incazzi a bestia perché una bambina di 5 anni non dovrebbe avere una madre con un tumore.
Ogni mamma trova il suo modo per comunicare le proprie emozioni ai suoi
figli e a mio parere non ne esiste uno giusto o
uno sbagliato.
Io ho deciso di mettere al corrente mia figlia di tutto ciò che mi è accaduto e ho
fatto leva su una cosa molto importante a mio
avviso: "la verità".
Mi sono messa per un attimo nei panni di G. e mi sono tornati alla mente flash di quando ero piccola, discorsi di adulti che amavo ascoltare e ogni volta che chiedevo spiegazioni riguardo ad un argomento, la risposta
secca e immediata era sempre:" Niente".
Questa risposta l'ho sempre odiata perché ha sempre causato in me molta confusione e frustrazione.
Per questo motivo ho pensato che l'intelligenza
di mia figlia non meritasse un secco "niente" e
ogni volta che lei chiede io le rispondo dicendole, appunto, la verità.
La prima cosa che le ho detto è che la mamma ha la "Bua alla tetta" e dopo il
primo intervento le ho addirittura fatto vedere le cicatrici per spiegare perché non potessi
prenderla in braccio o giocare alla lotta con lei e il fratellino. Da lì, man mano che i referti davano Esiti sempre più sconfortanti le dovevo far capire che la Bua non sarebbe passata facilmente e velocemente per cui bisognava creare una storia intorno alla situazione sperando di poterle
raccontare presto del finale positivo. Non sapevo come chiamare l'antagonista che si era
impossessato della mia tetta e che la stava
distruggendo e proprio quando ero sul punto di inventarmi un nomignolo la fantasia di mia figlia ha preso il sopravvento sulla mia e ha tirato fuori la sua versione dei fatti. G. ha chiamato il tumore col nome dell'uncino del famoso capitano di Peter pan che stava pungendo il mio seno.
Le ho spiegato che solo i dottori erano in grado di togliere questo uncino e lei ha subito compreso e accettato la situazione come quando si va dal pediatra per la tosse o il mal di gola.
Ricordo che ero molto irritata quando sono stata dall'oncologo per organizzare le chemio terapie perché il dottore mi disse che vista l'età dei miei figli sarebbe stato utile utilizzare una parrucca per non traumatizzarli.
Questo pensiero per me ha rappresentato un'offesa all'intelligenza dei miei figli, soprattutto a quella della più grande
così mi sono promessa di non dar retta allo
"pdiconcologo" di sta minchia. Prima di iniziare la cura ho portato G. dal parrucchiere e ho accorciato di tanto i capelli (lei ha tagliato solo le punte) e quando mio marito me li ha rasati perché non sopportavo il fatto di ritrovarmeli ovunque, lei è stata presente. Ho sempre sorriso davanti a lei e non appena mi ha vista senza capelli ha riso tantissimo dicendomi che ero buffa e che avevo i capelli uguali a zio Domenico
(un mio amico completamente calvo). In quel
momento ho capito che non solo ho una figlia
straordinaria ma che avevo fatto bene a dare
retta al mio istinto di madre. E non sapete quanto ho sbagliato nel pensare diversamente nei confronti di A., il più piccolo. Per mesi interi, giorno e notte, non ho tolto il turbante da testa perché credevo che vedendomi calva potesse non riconoscermi e persino allontanarsi da me.
La mattina mi preoccupavo se lui al risveglio
potesse trovarmi col foulard spostato di qualche centimetro e così ero sempre sull'attenti per rimetterlo a posto. Un bel giorno caldo di
primavera, finite le cure e trovandomi a casa da sola con lui, mentre gli cambiavo il pannolino istintivamente ho tolto il turbante e non appena si è accorto della mia testa scintillante mi ha fatto un sorrisone e come a dire: "ma che bel gioco questo" e da quel giorno in casa potevo
essere finalmente me stessa con i miei bambini.
Non appena i miei capelli hanno ricominciato a crescere loro ci hanno addirittura iniziato a
giocare con la mia testa passandoci le loro
manine sopra per rilassarsi e credetemi che
quelle carezze non le dimenticherò mai per tutta la vita ❣️