IL LUTTO PERINATALE: LA PERDITA DI UN FIGLIO
“Non sono stata in grado di offrire a mio figlio un culla accogliente e ora non c’è più”.
Ecco un’affermazione che, di recente, ho ascoltato da una mamma.
Molti potrebbero dirmi che ho usato un
termine errato perché la donna in questione non è una madre visto che il bimbo non c’è.
Invece io la definisco proprio così: una mamma.
Una mamma che ha amato il suo piccolo fin da quando ha ascoltato il cuoricino battere. Una mamma che ora non può abbracciare il suo bambino, non lo può allattare, non lo può cullare, non può cantare per lui le
ninne nanne, non può dimostrargli l’amore che prova.
Perdere il proprio figlio durante la gravidanza, durante il parto o dopo la nascita, lascia un segno indelebile
nella psiche e nel corpo della donna.
Si definisce con Lutto Perinatale la morte di un figlio che avviene tra la ventisettesima settimana di gestazione e i primi sette giorni di vita.
Molte donne non si sentono comprese perché quello che per gli altri era “solo” un embrione o un feto, per la mamma è un figlio! Spesso si sentono dire – a mo’ di rassicurazione – “Tranquilla, ne concepirai un altro!” ma “un altro” non sarà mai Lui!
Può accadere che in seguito a queste “rassicurazioni”, la donna si chiuda in se stessa e si rifugi nel ricordo e nel senso di colpa che le impediscono di elaborare la perdita del suo figlioletto.
Per la mamma, non conta a quante settimane di gestazione abbia perso il proprio bimbo: è un lutto.
Le donne che ho incontrato presso l’Associazione Salute & Benessere sono mamme tormentate dal senso di
colpa, molte si attribuiscono la responsabilità dell’aborto; in caso di aborto spontaneo ho sentito asserire
frasi come “Non sono stata a riposo” oppure “Sono andata in vacanza, invece di riposare” e , nel caso di
aborto terapeutico: “Non sono stata una buona mamma: non sono riuscita a far crescere in modo sano mio figlio”.
In quest’ultimo caso si sentono le uniche responsabili per le gravi condizioni mediche in cui verteva il
feto.
Una donna che ha perso il proprio figlio nel primo, secondo o terzo trimestre di gravidanza va supportata sia dalla famiglia che da professionisti.
I genitori possono affrontare in modo diverso la perdita del proprio figlio perché diverse sono le risorse individuali a disposizione per gestire l’evento luttuoso di cui sono protagonisti.
Pian piano i sensi di colpa si affievoliscono, si fa spazio al dolore, i pensieri e le emozioni diventano meno
intense e i genitori si concedono una nuova possibilità.
Dott.ssa Nicoletta Perilli
Psicologa Psicolterapeuta
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